Contro l’Autonomia differenziata l’Arci c’è

 “Un quesito per bloccare una riforma pericolosa e dannosa, che sfascia e spacca l’Italia, mette a rischio l’unità nazionale, produce un’ulteriore frammentazione e aumenta le disuguaglianze. Tutto il contrario di ciò di cui abbiamo bisogno nel nostro Paese”. Sono le parole di Walter Massa, presidente nazionale Arci, tra i firmatari del quesito referendario, depositato oggi in Cassazione,  che chiede l’abrogazione della legge sull’Autonomia differenziata.

“Come Arci – ricorda Massa – insieme a tutte le organizzazioni e associazioni de ‘La Via Maestra’, ci siamo mobilitati da subito contro l’autonomia differenziata targata Calderoli. Un disegno che genererà una guerra tra poveri, emarginando il Mezzogiorno e le aree interne, e metterà a rischio diritti e servizi di cui non sarebbe più garantita la piena universalità su tutto il territorio nazionale, a partire da salute, istruzione e tutela dell’ambiente”.

“Adesso – conclude Massa – la sfida è quella di raccogliere le 500 mila firme necessarie per il referendum abrogativo e far capire alle cittadine e ai cittadini l’importanza della loro partecipazione per fermare questo scempio, difendere le conquiste democratiche sancite dalla Costituzione e l’unità della Repubblica nata dalla Resistenza”.

Il 28 giugno 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 86 che definisce le norme per l’implementazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.
Non solo questa legge attua nella sostanza una divisione del Paese, ma al suo interno porta ad un arretramento dei diritti e delle libertà delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate, dei pensionati e dei cittadini tutti. È una legge che lede i diritti delle cittadine e dei cittadini e soprattutto, nel tempo, danni allo sviluppo sociale ed economico dell’Italia.

Tanti sono gli effetti collaterali dell’autonomia differenziata, perché questa legge consente la possibilità di riconoscere livelli diversi di autonomia alle Regioni italiane e le materie nelle quali gli enti regionali potranno chiedere un livello di autonomia differenziata, rispetto alle altre, sono ben 23.
Tra queste spiccano la tutela della salute, l’istruzione, lo sport, l’ambiente, l’energia, i trasporti, la cultura e il commercio estero.

Tra gli effetti collaterali potrebbe esserci anche un impatto diverso per uomini e donne.
Le riforme del governo Meloni non solo rischiano di esasperare le fragilità esistenti nelle aree critiche tra nord e sud e tra centro e periferia, ma accentuare anche le disuguaglianze di genere.
Tra le più colpite potrebbero essere proprio le donne, che già scontano su di sé la sperequazione di potere dovuta alla società patriarcale.

Con questa legge sono a rischio il diritto alla sanità pubblica, all’istruzione, alla salvaguardia dell’ambiente, alla sicurezza sul lavoro, alla possibilità stessa di promuovere nuove politiche industriali e di sviluppo capaci di creare lavoro stabile e di qualità.

Per tutte queste ragioni, a livello nazionale è stato già costituito il comitato promotore che vede la partecipazione delle forze politiche e delle le maggiori realtà associative del Paese e nei giorni scorsi è stato depositato il quesito referendario per iniziare, a breve, con una raccolta firme.
Il 16 luglio, quindi, anche a Como si è costituito il coordinamento No autonomia differenziata, che ha il compito di avviare e organizzare una grande e diffusa mobilitazione territoriale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *